Francesco Guicciardini - Opera Omnia >>  Del modo di ordinare il governo popolare




 

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Due ragione principale mi fanno credere che la nostra cittá in processo di non molti anni, se Dio evidentemente non la aiuta, abbi a perdere la libertá e stato suo. La prima, che doppo tanti naufragi delle cose di Italia e poi che questi príncipi aranno combattuto assai, pare ragionevole che in qualcuno sia per rimanere potenzia grande, el quale cercherá di battere e' minori e forse ridurre Italia in una monarchia; il che ancora mi è piú capace, considerando con quanta fatica al tempo che in Italia non erano príncipi esterni si difendeva la commune libertá, ora quanto piú sará difficile, avendo sí grandi uccelli nelle viscere sue; ed in questo caso io veggo le cose nostre in grave periculo, perché noi non abbiamo forze sufficienti a difenderci, vivendo disarmati e trovandosi la cittá, a rispetto de' tempi passati, con pochi danari, per essere declinate le mercatantie, e' quali ci hanno piú volte tenuti vivi.

La seconda ragione è che el vivere nostro civile è molto difforme da uno ordinato vivere di una buona republica, cosí nelle cose che concernono la forma del governo, come nelli altri costumi e modi nostri: una amministrazione che porta pericolo o di non diventare tirannide, o di non declinare in una dissoluzione populare; una licenzia universale di fare male con poco respetto e timore delle legge e magistrati; non essere aperta via agli uomini virtuosi e valenti di mostrare ed esercitare la virtú loro, non proposti premi a quegli che facessino buone opere per la republica; una ambizione universale in ognuno a tutti li onori, ed una presunzione di volersi ingerire in tutte le cose publiche di qualunque importanzia; gli animi degli uomini effeminati ed enervati e vòlti a uno vivere delicato e, rispetto alle facultá nostre, suntuoso; poco amore della gloria ed onore vero, assai alle ricchezze e danari. Queste ragione mi fanno male sperare di noi ma non desperare, perché io crederrei che se ne potessi sanare una gran parte e che se bene la cura è molto difficile, non sia però impossibile.

Non veggo giá che una legge o dua particulare possino fare frutto, ma saria necessario fare uno cumulo di ogni cosa e ridurre tutta questa massa in una materia, e di poi riformarla e ridistinguerla tutta a uso di chi fa cose da mangiare di pasta: che se la prima bozza non viene bene, fa uno monte di tutto e riducela in una forma nuova; a esemplo ancora de' buoni medici, e' quali quando truovono uno corpo pieno di molte malattie ed in modo che non lo possono reggere con una intenzione particulare, attendono con medicine a resolvere tutte le male cause e fare una disposizione nuova di tutto el corpo, il che se bene è difficile ed ha bisogno di buono medico, pure non è impossibile. Bene è vero che meglio riesce in uno giovane che in uno vecchio, il che piú mi sbigottisce, essendo la cittá nostra oramai antica; nondimeno non mi dispererei, se qualche ingegno generoso vi aplicassi lo animo, e vi ponessino li uomini savi quella industria che pongono molte volte nel fare ricchezze e fare male, il che doverrebbono fare con tanto piú ardore quanto la cosa per la difficultá sua e' sarebbe di maggiore gloria. Confesso bene che a volerla sanare interamente bisognerebbe fare di molte cose, alle quali tutte sarebbe quasi impossibile disporre la cittá, per essere male abituata, e li uomini sua troppo molli; e chi pigliassi impresa del condurle tutte, saria facile non ne conducessi nessuna; e però io commenderei chi aplicassi lo animo alle [cose] che hanno meno difficultá, e che si contentassi di quelle che per allora si potessino. E non sarebbe poco condurre la cittá di luogo tanto infimo, almeno a una disposizione mediocre, anzi saria assai darli principio, perché lo essere una volta aperta la via ed el processo del tempo farebbono forse cogli anni maggiore successo che non paressi potersi sperare di uno principio tale.

Parmi innanzi a ogni altra cosa necessario pensare che la cittá abbi tante forze che la si possi almeno difendere e non abbi da temere ogni giorno di insulti esterni, perché non basterebbe che la fussi ordinata bene drento e vivessi con la ragione, se la forza la potessi soprafare, ed a questo bisogna che la sia bene provista di chi la defenda. In che s'ha a considerare che avendosi a sostenere co' modi usati pel passato, che la ha meno forze che mai, perché l'ha molto meno commoditá di fare danari che la non soleva: non bastano le entrate publiche delle quali una gran parte ingombra el monte; non sono e' cittadini ricchi come solevano, conciosiaché le mercatantie della cittá non fioriscono all'usato, avendo molti altri luoghi e nazione presa e tuttodí pigliando la industria del guadagnare; e quegli che sono ricchi, non sono usi a essere maneggiati per aiutare la patria, come si faceva anticamente. Le quali cose volendo ridurre allo ordine vecchio, sarebbe in questo vivere populare difficillimo, ed è meglio quella fatica ed industria che vi s'arebbe a mettere a condurla, consumarla in opere di piú profitto; e però si vede che quando la cittá avessi a sostenere una grossa spesa di settanta o ottantamila ducati el mese, che sarebbe impossibile che la reggessi, né anche riuscirebbe el volere provedere in uno momento a una somma grande di danari.

Non si può adunche disegnare che la cittá, come ha fatto in molti altri tempi, possa sostenere lungamente uno campo grosso di soldati mercennari e conduttizi; e mostra la necessitá che gli è da pensare, non potendo valersi di forze esterne, di volersi reggere colle sue proprie e civile. Né è el dare l'arme a' sua cittadini cosa aliena da uno vivere di republica e populare, perché quando vi si dá una giustizia buona ed ordinate legge, quelle arme non si adoperano in pernizie ma in utilitá della patria. Mostranlo, oltra la ragione, li esempli di molte antiche republiche, Roma, Atene e Lacedemone, le quali coll'arme proprie e difendevano la sua libertá e accrescevano lo imperio. Né è questa cosa al tutto nuova alla cittá, conciosiaché nelle istorie si legge che el populo nostro nel principio della libertá sua faceva tutte le fazione da sé medesimo e con tanto successo, che questo esemplo debbe piú tosto incitare li animi delli presenti che sbigottirli; e che la sia ancora facile a persuaderla ed indurla, quando vi si usi la debita diligenzia, ce ne fa capaci questo principio che si gli è dato, che messo innanzi contro alla opinione di molti e con poco favore ed ordine, ha preso tanto piede che oggi è approvato da ognuno.

Questo fare la guerra colle arme sue proprie sarebbe per infinite ragione sanza comparazione piú utile che l'arme mercennarie. Principalmente chi s'ha a fidare de' soldati forestieri, porta pericolo di non essere ingannato, e massime una republica, la quale non ha con loro quella conformitá che ha uno principe; dare la somma a un solo è pericoloso, tenere molti pari, è confusione: non aspettano e' medesimi premi, e pare loro lecito farne una bottega; e quando bene vi sia la fede, non vi è l'amore; e da uno poco di gloria in fuori, la quale chi stima e chi no, non vi è lo interesse loro; fanno le fazione per forza e con negligenzia grande. Il che non sarebbe in chi si valessi de' cittadini e sudditi sua, perché da loro non si potrebbe temere inganno, non che e' si portassino lentamente per allungare la guerra; e chi dubita che el loro sarebbe uno amore sviscerato, non uno desiderio di vincere ma uno ardore? Quando la cittá fussi assaltata da qualche subito incorso o volessi fare qualche impresa che ricercassi celeritá, arebbe armato uno esercito in pochi giorni; che non interviene cosí in chi l'ha a ragunare di luoghi distanti o di provincie forestiere. Se la sorte dessi una rotta in uno fatto di arme non sarebbe perduto lo stato della cittá, anzi subito si potrebbe rifare uno esercito; in che non può essere a tempo chi [ha] a rifare condotte di esterni, il che di quanta importanzia sia è facile a considerare.

Non si difesono e' romani per altra cagione in molte guerre, e massime da Annibale, se non per potersi doppo le rotte rifarsi da loro medesimi; non si perdé sí presto da Scipione Cartagine, se non perché, mancandogli e' soldati conduttizi, restò disarmata. Chi dubita a' tempi nostri che se e' viniziani doppo la rotta di Vailá, avessino avuto facultá col popolo suo riempiere uno esercito, che non arebbono perduto in otto giorni tanto stato quanto tenevano in terraferma? El non lo potere fare li condusse in termini, che se lo imperadore era altro uomo, o se si fussi pure conservata la unione tralli inimici loro, arebbe la mala fortuna di un dí, la leggerezza di uno loro condottiere, non solo tolto loro el dominio ma privatoli ancora della libertá.

Non è altro lo stato e lo imperio che una violenzia sopra e' sudditi, palliata in alcuni con qualche titulo di onestá; volerlo conservare sanza arme e sanza forze proprie ma collo aiuto di altri, non è altro che volere fare uno esercizio sanza li instrumenti che a quello mestiere si apartengono. In somma male si può prevalere sopra altri, male si può difendere dalli inimici chi non vive armato. Aggiugnesi, quando si pigliassi tale forma di vivere, che con meno spesa assai si sostenterebbono li eserciti, perché, se bene a tempo di guerra si pagassino ordinariamente come li altri soldati, non si arebbe a tempo di pace spesa se non di quel che si dessi loro per provisione e mantenimento ordinario, e quel che si dessi loro non uscirebbe de' sua cittadini propri, ed almeno con questo modo non si potrebbe dubitare della difesa de' paesi sua, sendo la Toscana ed el dominio nostro forte di sito ed abundante assai per pascere e' sua abitatori. E però come si è dato principio allo ordine delle fanterie e di fuori della cittá, sarebbe bene introdurlo drento e nelli uomini d'arme e ne' cavalli leggieri. E' modi particulari non accade ora estendervisi, ma tutto saria facile, massime essendo la cittá nostra e lo stato nostro molto populato. È vero che, acciò che la cittá ed el paese non si empiessi di fazione e discordie, sarebbe necessario tenerli con una buona giustizia, la quale nelle legge è facile a ordinare, ma è difficile nelle osservazione, come di sotto si dirá piú largamente.

Ordinato questo capo, piú importante di tutti, non merita poca considerazione el governo nostro di drento, dove si arebbe a attendere tanto piú volentieri, quanto e' si accosta piú presso al modo buono, né accade disputare quale sia migliore amministrazione o di uno o di pochi o di molti, perché la libertá è propria e naturale della cittá nostra. In quella sono vivuti e' passati nostri, in quella siamo nutriti noi; né solo ci è suto dato dalli antichi nostri per ricordo che noi viviamo con quella volentieri, ma che bisognando la defendiamo e colle facultá e colla vita propria. Né è altro la libertá che uno prevalere le legge ed ordini publici allo appetito delli uomini particulari; e perché le legge non hanno vita né si possono fare osservare da sé medesime, ma hanno bisogno di ministri, cioè de' magistrati che le faccino eseguire, è necessario a volere vivere sotto le legge, non sotto particulari, che e' magistrati non abbino a temere alcuno particulare, non a ricognoscere l'onore loro da uno o da pochi, acciò che non sieno constretti a governare la cittá secondo la voluntá di altri. E però per fondamento della libertá bisogna el vivere populare, del quale è spirito e basa el consiglio grande, che abbi a distribuire e' magistrati e degnitá della cittá.

Tenendo fermo questo, si può fare uno difficilmente grande nella cittá, perché non sendo in mano sua dare stato e reputazione a persona, non ha chi si truova in magistrato cagione di ubidirgli o per paura o per speranza; levato questo, non è la cittá libera né può essere, perché è necessario che la si empia di sètte e fazione, ed almeno con corso di qualche anno si riduca in mano di uno solo. Né io apruovo solo che sia consiglio grande, ma mi piace ancora el modo con che li è stato ordinato, perché discretamente ne sono stati levati quegli che anticamente non participavano nel governo, acciò che non fussi uno consiglio tutto di plebe o di contadini, ed è stato necessario aprire la via a tutti li altri e farli abili, perché el ristrignere o vagliare usciva de' termini del consiglio populare. E se bene con questa larghezza vi concorrino alcuni pazzi, molti ignoranti e molti maligni, nondimeno, computato el tutto, si vede che le elezione che si fanno per giudicio de' piú, non sono fuora di ragione; e se pure qualcuna ne varia è da soportarlo per meno inconveniente e piú tosto da vivere cosí con qualche disordine, che volere vedere tutto el bene e male in mano di uno solo, e da considerare che in nessuna cosa può essere tutta la perfezione, ma che quelle sono da essere piú aprovate che hanno meno difetti.

Fu adunche bene ordinato el consiglio grande in farlo generale a tutti quegli che participavano dello stato; ed io ho qualche volta considerato se e' fussi bene che nella creazione de' magistrati intervenissino in consiglio non solo tutti quelli che oggi vi sono abili, ma ancora uno numero grande di quegli che non possono participare del governo, perché noi abbiamo veduto per esperienzia che la piú parte delli errori che fa el consiglio nello eleggere li ufici nasce da uno appetito del distribuirli sí larghi, che ognuno di chi squittina, possi sperare di aggiugnervi. La quale ragione cesserebbe in quelli che non ne fussino capaci, perché non avendo speranza che alcuna larghezza ve li potessi tirare, non arebbono causa di conferirli se non in quelli che a iudicio loro li meritassino. Ècci lo esemplo delle antiche republiche, dove nella creazione de' magistrati intervenivano infiniti; e si legge tralli altri che e' romani davano a molti la cittá cum iure suffragii, che a giudicio mio non era altro che ammetterli alla creazione de' magistrati, ma non ve li fare capaci. Ed ècci, come è detto, la ragione, perché chi si troverrá a squittinare, né ará interesso particulare che sia eletto piú uno che uno altro, si dirizzerá ragionevolmente a chi li parrá che piú lo meriti ed andrá drieto in questo alla inclinazione naturale di tutti li uomini, che è di seguitare el bene, se e' respetti propri non ritirano. Nondimeno essendo cosa nuova e di importanza assai, e che ha anche le ragione sue in contrario, io non me ne determinerei per me medesimo; ma bene dico che quando questo piacessi, sarebbe da usarlo limitatamente, cioè di non li ammettere se non alla creazione delli ufici, né volere che li intervenissino a provisione di sorte alcuna.

Confermato adunche el consiglio grande, o datoli questa aggiunta che è el fondamento della libertá, la anima di questo corpo, si ha a pensare alle cose importanti dello stato come quelle che attengono a guerra ed a pace; la prima esamina delle legge che sono necessarie fare e rinnovare tempo per tempo, non si ha a trattare nel consiglio, per essere di troppo momento, e se si dicessi che la creazione de' magistrati è anche di grandissima importanza, e nondimeno si fa in consiglio, si risponde che ci è diversitá di ragione: principalmente quello è necessario per conservazione della libertá, la quale non sarebbe, se e' magistrati si distribuissino a arbitrio di uno o di pochi; non è cosí nelle altre cose, la resoluzione delle quali non porta seco la libertá della cittá né fa alcuno particulare sí grande che sia sospetto alla commune libertá; richieggono queste molte volte prestezza e secreto, a che sono contrari e' consigli di molti. Di poi la elezione de' magistrati, se bene importa, non è tanto difficile al giudicarla: volgevisi el populo secondo la riputazione ed esistimazione che ha degli uomini, che nasce piú tosto da una voce commune di tutti che da giudicio proprio di ciascuno; la quale non erra molte volte, e se pure fa qualche errore non è sempre di uno grande momento.

Non interviene cosí nelle legge che richieggono considerazione di uomini savi, e le quali quando sono guidate dallo appetito della multitudine, si vede che sono quasi sempre o dannose o vane. Molto meno interviene ne' partiti e deliberazione che quotidianamente si hanno a pigliare delle guerre, paci e simili cose, la veritá delle quali non si conosce se non per chi è bene savio, ed una che se ne erri è atta a suvvertire lo stato e dominio della cittá. E certo grande disordine era nelle antiche republiche, come in Roma e massime in Atene, che disponessi el popolo in simile cose; e si legge che per questo procederono allo stato loro molte ruine; e noi ne vedemo a' tempi nostri lo esemplo, quando Piero Soderini gonfaloniere propose al consiglio grande se fussi da andare a campo a Pisa o no, che quella parte che fu approvata dal populo contro alla opinione di tutti e' savi della cittá, portò seco danno e vergogna.

Debbonsi adunche queste deliberazione trattare ne' luoghi piú stretti e da uomini savi ed esperimentati. E perché uno de' potissimi fondamenti della libertá è la equalitá de' cittadini, cioè che nessuno ecceda li altri fuora di una certa misura, e non può essere equalitá dove sia la perpetuitá de' magistrati, cioè che sempre sieno e' medesimi in luogo di governo, ma è necessaria la mutazione, e nondimeno le cose dello stato ricercono uomini esperimentati che vi attendino assiduamente, ed in effetto hanno bisogno di chi ne tenga pensiero particulare, non è inconveniente che sia uno solo che ne abbi una certa cura precipua, con chi si possa ancora in certe cose importantissime trovare el segreto. E si vede nelle cose naturale che el numero di uno ha perfezione, né è ragionevole che questo carico sia in uno uomo privato, però è molto commendabile nella cittá nostra la elezione di uno gonfaloniere a vita o almeno per qualche anno, da chi possono nascere molti buoni effetti; e se ne vede lo esemplo nella republica di Vinegia, della quale è stato grandissimo fondamento lo avere uno duce perpetuo, e se ne vedde ancora lo esemplo per contrario in noi otto anni doppo lo essere fondato el vivere populare; dove el non essere chi tenessi cura del governo particularmente, ci introdusse in tanto precipizio che la salute nostra nacque molte volte piú tosto da Dio o dal caso, che dalli uomini o dal sapere; e si vede che se non si fussi provisto, le cose nostre andavano a una ruina certa.

È bene adunche fare uno capo in simile modo; nondimeno non basta che sia el consiglio grande con uno gonfaloniere, se non si procede piú oltre, perché uno gonfaloniere, avendo autoritá e reputazione grande, governerebbe el tutto a arbitrio suo, il che verría in una spezie di tirannide; ma è necessario darli uno mezzo di uno consiglio di cittadini, a quella similitudine che sono ora li ottanta, el quale consiglio sia di uomini eletti e del fiore della cittá, con chi si consultino e deliberino tutte le cose importanti della republica. Il che serve a fare che le cose grande non si abbino a consigliare con la multitudine, di che nascerebbe una soluzione populare, e porre freno al gonfaloniere che e' non si arroghi e disponga troppo della cittá. Perché se non fussi questo consiglio, saria necessario che le si consultassino colla signoria ed in uno magistrato di pochi, ne' quali intervenendo uno gonfaloniere che fussi perpetuo o per lungo tempo, ne volgerebbe assai a suo modo; o bisognerebbe consigliarle in uno numero di molti imperiti, e' quali o per ignoranzia farebbono mille errori, o el gonfaloniere vi potrebbe molto, perché si vede per esperienzia, e lo mostra anche la ragione, che la moltitudine non si regge mai per sé medesima, ma sempre si va apiccando e dependendo; che procede da debolezza. E ragionevolmente si apiccherá piú con uno che sia in uno tanto magistrato e con reputazione, che con qualunque altro, donde la potenzia sua diventa troppo grande.

E certo delle piú importante cose a mantenere la libertá vera ed intera è questa, che sia uno mezzo che regoli la ignoranzia della multitudine e ponga freno alla ambizione di uno gonfaloniere, e però è necessario che vi intervenga tutti li uomini che hanno cervello e reputazione, il che serve anche a conservar li uomini di qualitá in grado conveniente, acciò che el non essere stimati poco non dessi loro causa di contentarsi poco e pensare a cose nuove. Furono nella fondazione del governo populare ordinati li ottanta a questo effetto, ma la ignoranzia della moltitudine lo ha allargato in omini che non lo meritano, e quelli che vi doverrebbono essere sempremai, ne sono molte volte fuora. Donde è nato che la qualitá delli omini che ne sono, e la spessa variazione che se ne fa, non ha tenuto quel consiglio nella autoritá che si conveniva, e da questo è proceduto che non hanno tenuto adosso el peso della republica, e ne sono seguiti molti errori, e la autoritá del gonfaloniere è stata troppo grande con danno e detrimento universale; e però è necessario, a volere che la cittá si conservi in tutto libera e sia bene consigliata, che quello consiglio si reformi con altre qualitá di omini e con piú potestá, di che si diranno di sotto e' modi piú particulari.

Sono adunche tre fondamenti del buono e libero governo della republica: el consiglio grande, sustanzialitá necessaria per la libertá, uno gonfaloniere a vita o almeno per lungo tempo, una deputazione di buono numero di cittadini per consigliare e determinare tutte le cose importanti dello stato; le quali tutte cose se si ordinassino ragionevolmente, sarebbe in questa parte el governo della cittá bene instituto e perfetto; e de' quali avendo insino a qui detto in genere e quasi in confuso, è ora necessario venirne a distinzione piú particulare, parlando di ciascuno separatamente con quello ordine preso innanzi.

Tutti e' magistrati della cittá e tutti li offici cosí di consiglio come di amministrazione è bene si creino nel consiglio grande, perché una volta si tenga fermo questo assunto che nessuno abbi a riconoscere lo stato da uno o da pochi. È vero che consistendo el governo tutto in loro sarebbe necessario che le elezione fussino bene ed in uomini atti; in che si è visto avere disordinato molto el consiglio avendo date le degnitá della cittá a uomini insufficienti o per ignoranzia o per malizia, ed è questo disordine di importanza assai; ed oltre al danno che risulta del trovarsi nel governo chi non se ne intende, questo dare promiscuamente li onori a ciascuno, sanza fare distinzione della virtú o de' meriti, raffredda la buona mente di chi è bene vòlto ed accresce audacia e leva vergogna a' cattivi. Perché se si vedessi che quando uno in uno officio non si è portato bene o ha ordinariamente mala fama, che el populo non gliene dessi piú e che e' favori si volgessino a chi fa buona pruova, sarebbe uno grande stimolo a chi ha buono animo ed uno freno grande a chi l'ha cattivo; mancando questa distinzione, manca el premio che è uno de' dua capi in su' quali dissono li antichi savi essere fondate le republiche.

È stato origine di questo male una ambizione venuta in ognuno di volersi ingerire a tutti li onori, ed una cosa che è naturale a tutti e' populi, quando e' non sono bene timoneggiati, di usare insolentemente la sua libertá. A che ha dato tutto el fomento la legge dello imborsare tutti quelli che avessino vinto el partito per la metá delle fave ed una piú, perché in uno consiglio dove sono tanti li ambiziosi, tanti e' cattivi, tanti li ignoranti, non è maraviglia che moltissimi ottenghino quello partito; e però sarebbe approvato el ridurre a' partiti delle piú fave, come si fece ne' primi anni del consiglio, e si vedeva che ut plurimum le elezione erano buone e sarebbono state ogni dí migliore, quando lo stato si fussi piú consolidato e fussino mancati molti sospetti che alteravano qualche volta el giudicio del populo.

Questo modo sarebbe migliore e piú ragionevole perché non è giusto che sieno posti in luogo pari colui che in uno numero di mille è approvato da ottocento e quello altro che non piace se non a cinquecentuno, né è secondo la natura del governo populare, nel quale ha a essere signore el populo e non la sorte, e da lui si hanno a riconoscere li onori, non dalla fortuna. Opponsi a questo due ragione: la prima, che e' genera inimicizie e malo animo tra quelli che si reputano pari, vedendo l'uno preporsi lo altro né parendoli ragionevole, ed anche molte volte a torto perché non si può negare che non si facci delle estravaganzie; la altra, che con questo li ufici andrebbono stretti, e pure è conveniente che in uno governo populare e dove ognuno paga le gravezze, che ognuno participi nel grado suo e massime delli utili. Nondimeno io non mi partirei dal modo detto di sopra, perché si conserva piú lo intento del distribuire li onori ed amministrazione bene, che è la importanza del tutto. E se lo stato fussi in modo fermo che una volta e' cittadini avessino presupposto avervi a vivere drento e che e' non si potessi alterare, non vi ammetterei alcuna distinzione; ma sendo ancora giovane e balenando tuttodí, si potrebbe per piú pace ordinare che e' magistrati piú importanti, come è drento la signoria, e' dieci, li otto, si facessino per le piú fave e per nominazione, overo imborsarne per ciascuno dua delle piú fave. E cosí vorrebbono essere li ufici piú importanti di fuora, come capitano di Pisa, Arezzo, Pistoia. Sono una altra sorte di ufici che hanno seco qualche amministrazione, ma non tanto importante, come è drento uficiale di torre, contado e simili, fuora, tutti e' vicariati e podesterie grosse; e questi si potrieno lasciare co' partiti piú larghi, verbigrazia per ognuno imborsarne quattro o cinque, e nello andare a partito mescolare la sorte e la nominazione. È la terza spezie degli ufici che hanno poca amministrazione ma è fondato el forte loro in sullo onore o in sullo utile, come tutti e' camarlinghi e podesterie minore e molti onori della cittá, e questi si potrieno lasciare come e' sono oggi. E se bene questo modo si può biasimare perché non corregge in tutto li errori introdotti da questa larghezza ed è contro allo uso di tutte le republiche, nelle quali, che io sappia, non si usò mai questa sorte, pure saria da tollerarlo per meno male e ricordarsi che rarissime volte è una cosa interamente perfetta, ma che e' savi si satisfanno di quelle che hanno meno imperfezione.

Nasce la seconda considerazione nel consiglio grande circa alle legge: non se l'hanno di primo colpo a venire al consiglio, perché saria questo di molta confusione e contro a ogni ordine di bene instituta republica, ma se quando le sono state deliberate ne' luoghi piú stretti, le abbino a avere la approvazione del consiglio o no. In che io mi resolvo facilmente che essendo le legge una cosa tanto universale e concernendo ogni membro della cittá, che la deliberazione ne sia in consiglio; bene mi piace che non vi si possi parlare su publicamente, se non per ordine della signoria ed in favore di quello che si propone, perché se fussi data la libertá a ognuno del suadere e dissuadere faria mille confusione. E sarebbe quello bene, quando le non fussino state esaminate in altro luogo, ma venendo giú in consiglio digestite e discusse prima ne' luoghi piú stretti e giá presupposte utile, non è necessario che le si disputino, né è ordinata la approvazione del consiglio per riesaminarle perfettamente di nuovo, ma perché avendo le legge a legare ognuno, che e' non si possa dire che le siano state fatte da pochi e sanza universale consenso, ed anche per dare uno freno a' consigli stretti che e' non facessino qualche legge in alterazione dello stato o qualche cosa perniziosa. Ed in effetto, acciò che li abbino causa di procedere piú maturamente, è bene laudabile che le stieno publicate qualche dí, acciò che quando el consiglio si raguna per vincerle, le sieno giá in notizia e ne possi l'uno avere parlato e conferito collo altro.

Piú difficultá veggo se le gravezze e provisione di danari abbino a avere approvazione in consiglio o no, perché da uno canto la esperienzia mostra che el popolo va adagio al provederle, tanto che molte volte innanzi che le sieno vinte è sí tardi che e' danari non sono a tempo a quello che si disegna. Può ancora accadere che e' si disegnino per qualcosa segreta che non è bene sia nota al populo; ed avendosi a vincere in consiglio, bisogna manifestarla, perché non li vincerebbono mai sanza vederne una urgentissima cagione. Aggiugnesi che quando el populo li ha a deliberare, si getta ut plurimum a modi ingiusti e perniziosi che gravono molto e riscuotono poco; ed essendo in consiglio assai piú e' poveri che e' ricchi, non le distribuiscono proporzionabilmente, ma vorrebbono che e' ricchi pagassino tutto e loro non sentirne, il che è ingiusto e dannoso, perché se bene e' ricchi hanno a aiutare la cittá, è conveniente conservarli, perché li fanno onore ed ornamento, ed acciò che e' possino aiutarla ancora in uno altro tempo.

Queste ragione mostrano che e' non sia bene che el consiglio vi abbi a intendere. Da altro canto questo pagare de' danari è stimato tanto da ognuno ed è come si dice, el secondo sangue, che lo avere tutti a pagare secondo le deliberazione e pensieri de' pochi potrebbe generare qualche disordine e disparere, ed anche e' modi darebbono alterazione se fussino disonesti e gravassino piú e' poveri che e' ricchi. Raccolto tutto, io mi resolvo che importando al governo dello stato el provedere e' danari tanto quanto importa, perché sanza quelli non si può né defendere né offendere, che e' sia necessario non si deliberino in consiglio per le ragione dette di sopra, le quali sono naturale, ed ha mostro la esperienzia piú volte che per non volere el populo vincerli a' tempi debiti, non hanno di poi bastato centomila ducati a quello che si saria riparato con meno di diecimila. È vero che quando fussino deliberati in poco numero, e' modi massime potriano fare alterazione, e però io approverei che li avessino a avere la determinazione finale nel consiglio di mezzo co' signori, dieci, collegi ed otto e con qualche altro de' primi magistrati come capitani di parte, conservadori, sei di mercatantia e simili, in modo vi fussi uno numero almeno di dugento o piú tosto trecento cittadini. Questo numero arebbe piú facilitá a vincerli, perché vi sarebbe piú uomini prudenti e da lasciarsi persuadere colle ragione; ed inoltre intervenendovi tanti e di ogni sorta qualcuno, si torrebbe assai la occasione del potersi dolere e del fare alterazione, perché di tutte le case vi sarebbe quasi qualcuno, e pochi sariano quelli che non vi intervenissi alcuno de' sua.

È el secondo fondamento del buono governo uno gonfaloniere, del quale si ha prima a vedere con che autoritá li abbi a essere, di poi quale è meglio che sia, o perpetuo o a tempo. E certo questa parte merita molta considerazione, perché faccendolo troppo libero e sciolto, può venire in tanta potenzia che sia pernizioso alla cittá e pericoloso alla libertá; a legarlo è difficile, volendo servare una certa mediocritá che non si strignessi anche tanto che fussi inutile. Principalmente el gonfaloniere ha ad essere capo della signoria in quel medesimo modo e con la medesima forma che li è stato insino ad oggi; di questo seguita che avendo la signoria la autoritá tanto suprema e libera come la ha, quando el gonfaloniere ne dispone a suo modo, viene a disporre ed avere in mano tutta la forza della cittá. Vedesi per esperienzia che uno gonfaloniere che stia lassú lungamente e di prudenzia e reputazione come verisimilmente sará, ne dispone, si può dire, sempre a suo modo, e vi è drento la ragione, perché sono quasi sempre deboli né possono essere in altra forma, creandosi colle legge con quali ora si creano; perché sono tanti e sí lunghi e' divieti delle case e persone proprie, e da loro medesimi e da' collegi, che è necessario, e cosí fu sempre, che quel magistrato si diffunda in gran numero e vi segghino moltissimi ignoranti e dapochi, e' quali, e per non sapere e per essere di poca qualitá, non hanno ingegno né animo di opporsi a uno gonfaloniere, e però lui li persuade e volge a arbitrio suo. Non interverrebbe cosí, quando vi sedessino uomini prudenti e riputati, perché ardirebbono e saprebbono disputare le cose con lui e ne sarebbono menati dalla ragione e non dalla autoritá. Questa è la causa che el doge di Vinegia con tutto sia perpetuo, non dispone molto perché sempre li seggono allato e' primi uomini della cittá. Questa debolezza di signorie ha dato immoderata autoritá a Piero Soderini gonfaloniere, alla quale è necessario riparare, perché importa el tutto, e bisogna provedervi con uno di dua modi: o ordinare che quel supremo magistrato si ristringa in poco numero ed in uomini eletti, o pure lasciandolo largo, limitare la autoritá della signoria in quelle parti le quali quando sono in mano sua, lo fanno troppo potente. Ristrignerlo in poco numero ed in omini eletti saria bene se si potessi fare, perché essendo quel magistrato di piú importanzia che nessuno altro, saria molto conveniente che e' fussi in omini atti a reggere tanto peso; ma si ha da considerare che sedendo continuamente in Palazzo e vivendo con tanta pompa e demostrazione di onore, la lunghissima consuetudine della cittá ha fatto che li è nelli occhi di tutti ed è diventato uno pasto universale, in modo che chi una volta non vi siede non li pare essere da Firenze. Ed è questa cosa tanto anticata che difficilmente vi si condurrebbe el popolo, in forma che io non credo sia da pensarvi, anzi da mettere piú tosto cura in andare moderando e limitando qualche sua superchia autoritá.

Grande è oggi la autoritá della signoria, e da pochissime cose in fuora, come el fare pace o leghe, fare condotte ed elezione di magistrati, la può fare con la balía delle sei fave el tutto: cognosce e delibera sanza riservo alcuno nelle cose civili, può farlo nelle criminali, decapitare e mandare in esilio cittadini liberamente; e benché in questo vi sia lo appello al consiglio, pure è male ordinato e non si è osservato sempre. Tutte queste cose può eseguire per sé e per mezzo di altri, perché quando vuole comanda a tutti magistrati. Aggiugnesi che nelle cose dello stato può rispondere a lettere di signori ed imbasciadori, piglia consiglio nelli ottanta quando, di quello e secondo li pare; non si può porre danari, non fare una legge o provisione se non consentono e' dua terzi di loro, e finalmente può fare quasi ogni cosa, e quelle che non può fare lei non le può fare nessuno altro sanza consenso suo. E se bene e' magistrati si fanno in consiglio, pure anche la signoria qualche volta in certi casi, offici e commissione elegge qualche cancelliere e notaio di magistrati che non è anche di poco momento; in modo che essendone el gonfaloniere per degnitá capo e per la autoritá sua e debolezza de' compagni si può dire sempre governatore, risulta che la potenzia sua sia troppo grande in una cittá e vivere libero e che sia di necessitá el provedervi.

Principalmente ed innanzi a ogni cosa è da levare autoritá alla signoria di potere con le sei fave deliberare o comandare a altri magistrati che deliberino sopra la vita o sopra el mandare in esilio o sopra lo ammunire ed in effetto sopra al mettere pena di qualunche sorte a alcuno cittadino per conto delle cose dello stato. Questa è la prima sicurtá che si ha a avere in una republica, di potere vivere e maneggiarsi liberamente sanza paura di potere essere offeso da uomini particulari; e se si dicessi che dalle sentenzie date dalla signoria per conto dello stato si può appellare al consiglio secondo la legge dello appello che si fece lo anno 94, si risponde che questo non basta, perché con quello è difficile ottenere la assoluzione avendo a vincerla per e' dua terzi delle fave contro la autoritá della signoria e nel populo, el quale naturalmente sendo sospettoso e pieno di ignoranzia, inimico di omini grandi ed eccellenti, non è sufficiente giudice di tanto caso. Potrebbesi sopra questo ordinare uno giudicio particulare a similitudine della quarantía, o commetterle a qualche altro magistrato, di che di sotto si dirá piú largamente; ma in quanto al proposito di ora basti che e' non è bene che la signoria possi condannare cittadini per stato, perché essendo lei quasi sempre in mano del gonfaloniere questa autoritá lo fa troppo terribile. Levando al gonfaloniere questa potestá del tenere li uomini con timore, bisogna anche tôrli la facultá del farseli amici con la speranza, e però non è bene che la signoria abbi autoritá di distribuire in cittadini uffici di sorte alcuna; non mandare imbasciadori o commissari se non in caso di una súbita necessitá per brieve tempo, el quale non si possi per via né diretta né indiretta prorogare; né si possino per simili cose mandare secretari di Palazzo, se non con deliberazione delli ottanta o di quel consiglio che li representassi, sendo lasciato in simile modo el caso di una necessitá súbita. Questo serve ed alli effetti detti di sopra ed a tôrli modo di potere per mezzo di simili instrumenti tenere pratica con príncipi forestieri. Non è bene che colle sei fave e' possino cassare magistrato alcuno per alcuna causa, non cassare e' cancellieri e secretari publici, perché questo timore, vedendo che el gonfaloniere li possi maneggiare, li fa stare sotto tanto che li sono uno mezzo grande a aggirare le cose delle legge e dello stato a suo modo, e se ne è visto lo esemplo a' tempi di Piero Soderini.

Importa ancora molto alla troppa potenzia sua el modo delle provisione, e che le non si possino fare sanza consenso della signoria, e consequente sará molto difficile farne una a dispetto del gonfaloniere. Le legge che si possono fare di nuovo vanno moderando e' difetti ed errori che apparischino di nuovo, e quando nel gonfaloniere si vedessi una cosa che non stessi bene, si può ricorreggernelo col farli una legge adosso; e però è necessario che la via del fare le legge non sia sí stretta, che si abbi a avere necessitá della voluntá sua; ed el modo di ovviare a questo si dirá di sotto in altro luogo, dove si porrá ancora in che modo si abbino a consultare le cose dello stato, a fine che lui colla varietá de' modi del proporle e de' luoghi del consultarle, non ne disponga a voglia sua.

Hassi ora a considerare se è bene che lui abbi quella autoritá che fu data al gonfaloniere per la legge nuova dello anno 1502, di tenere cura particulare della giustizia ed a questo effetto potere proporre in ogni magistrato sopra le cose criminale. La discussione di questo se è superflua o no, depende da una altra, cioè se gli ha a essere perpetuo o ad tempus; perché se el tempo suo è determinato, è certo che o díasili o non si li dia, non rilieva nulla, perché nessuno gonfaloniere che si ricordi avere a tornare privato la vorrá usare, non essendo constretto dalle legge, ma rimessa in arbitrio suo. E però accade fare questa disputa solo quando e' si facci a vita, nel quale caso io gliene darei, eccettuandone le cose dello stato; perché quando la volessi usare la sarebbe utile, conciosiaché quando uno nobile o potente erra, e' magistrati spesso non si ardiscono a punirlo, ricordandosi potere lui o cose sue capitare qualche volta alle mani di sua fratelli o parenti, ed anche temendo spesso di violenzia nella persona sua, le quali paure cessano nel gonfaloniere che abbi a stare lassú a vita. Lo usarla lui sarebbe beneficio alla cittá, né li darebbe questo tanta potenzia che fussi da temerne, perché verisimilmente non hanno a capitare a' magistrati per simile conto uomini che attendono al governo dello stato, ma o gente di bassa mano o giovani. Nondimeno questo articulo non importa molto, perché oltre al trovarsi pochi che la usassino, riordinandosi la cittá ne' giudíci come si dirá di sotto, non arebbono e' magistrati bisogno tanto di sprone quanto hanno ora.

Resta circa alla qualitá del gonfaloniere la ultima disputa: se gli ha a essere a vita o a tempo. La quale è cosa che ha ragione hinc inde, e per venirne piú allo stretto si ha a presupporre che due furono le ragioni che feciono eleggere el gonfaloniere a vita: la una, e' disordini grandi che erano nello stato, l'altra, lo essere la cittá molto trascorsa nell'osservanzia della giustizia criminale, alla quale si pensò che lui aiutassi colla autoritá che si gli dette nel proporre in qualunque magistrato; la quale volendo che lui usassi, fu necessario farlo a vita, perché in uno fatto a tempo militavono le medesime ragioni di freddezza che militano nelli altri magistrati. Questa ragione è oggi piú debole, limitandoli la autoritá ne' modi detti di sopra e riordinando la giustizia e giudíci come si dirá di sotto; in modo che tutta la considerazione rimane, se per rispetto del governo dello stato, posposta la giustizia, sia meglio che sia perpetuo o ad tempus.

E' non è dubio che quando e' sia uno gonfaloniere prudente e buono, che fa piú utile alla cittá lo essere lui a vita, perché stando sempre in quello magistrato applica piú lo animo alle cose del governo, né li rimane altro pensiero o altro obietto che di governare bene in quello che li tocca la sua republica; piglia piú pratica in qualunque cosa, intende meglio e' modi del maneggiare le occorrenzie, conosce ogni dí piú la natura de' cittadini con chi li ha a fare e del populo, ed in effetto diventa sempre migliore instrumento di quello che accade per lo officio suo; può procedere a beneficio della cittá con meno respetto di ognuno che se fussi a tempo; el sapere di avere a finire la vita sua in quella dignitá li ferma lo animo, levali occasione di pensare di gratificare piú a una parte della cittá che a una altra, a causa di essere raffermo o di pensare di essere di poi, finito el divieto, rifatto. Persuadono queste ragione che sia da essere a vita.

Da altro canto volendolo gonfaloniere e non principe assoluto, non è dubio che la maggiore sicurtá che si possi avere si è el non essere lui perpetuo, perché questo ragionevolmente li leverá lo animo dal pensare di usurparsi piú autoritá che li diano le legge, sapendo averla in processo di tempo a deporre; e quando pure lui vi pensassi, li mancheranno li instrumenti ed aderenti, perché non ará con nessuno quella autoritá e reputazione che se fussi a vita. Aggiugnesi che se la sorte dá che e' sia insufficiente o per malizia o per ignoranzia, el che può essere facilmente, sará pure meglio che la cittá se ne abbi qualche volta a liberare, che se e' durassi sempre; né si può fare grande fondamento in sul dire: e' sará deposto, perché è cosa che poi non si fa, parte per e' favori ed amicizie sue e parte perché a ognuno non dispiacciono ed ognuno non conosce e' sua defetti. È ancora di qualche considerazione che faccendolo per tempo si dá pasto a piú; e la speranza che abbino e' primi cittadini da' quali può dependere la concordia e discordia della cittá, di potere aggiugnere a quello grado, li tiene piú quieti e piú intenti ancora al bene publico. Sono queste le ragione della altra opinione.

Considerato tutto, a me piacerebbe piú che el gonfaloniere fussi a vita, perché la perpetuitá sua può molto piú giovare alla cittá; e mi ci piace ancora drento che la cittá abbi una degnitá e grado supremo, dove possi per via delle legge e libertá aspirare uno cittadino benemerito della republica sua; per la quale quelli che si affaticano e vi consumano la vita sua, vegghino uno tanto luogo dove e' possino pensare che li abbi a condurre el portarsi bene ed operare per la cittá, e paia loro, sanza volgere lo animo alla tirannide ed usurpare quello di altri, potere avere remunerazione equale alle sue buone opere. E se bene questo è pasto da infiammare pochi, non è però questo infiammarli inutile, perché in ogni republica bene ordinata ed in ogni tempo si è sempre veduto che la virtú di pochi cittadini è quella che ha retto e regge le republiche, e le opere gloriose ed effetti grandi sono sempre nati da pochi e per mano di pochi, perché a volere guidare cose grande ed essere capi del governo in una cittá libera, bisogna moltissime parte e virtú che in pochissimi si coniungono. E' quali oltre a avere amore alla cittá, è bene, acciò che li operino piú ardentemente, che abbino uno sprone di ambizione, uno appetito di grandezza e di condursi in qualche sommo grado; la quale quando e' cercano e desiderano di acquistare non col prevalere alle legge né per via di sètte, ma collo essere reputati cittadini buoni e prudenti e col fare bene alla patria, chi può dubitare che questa ambizione è laudabile ed utilissima? La quale chi non sente è in una certa freddezza e li manca uno certo stimulo di gloria, che da lui non esce mai cose generose ed eccelse.

È adunche bene per eccitare questa onesta ambizione nelli spiriti grandi e dare loro occasione di operare cose gloriose, mostrare questo luogo e questa commoditá di potere venire a uno grado che non può essere maggiore in una cittá libera; gli altri meno generosi e di minore ingegno o sufficienzia assai si riscalderanno colla speranza delli altri magistrati e degnitá della cittá, che li terrá in tanta ambizione che basterá nel grado loro, ma a questi che sono di grande digestione non basta piccolo pasto. Risolvomi adunche che e' sia bene che el gonfaloniere sia a vita; e lo essere limitato ne' modi detti di sopra li torrá ogni facultá ed ogni pensiero di cercare maggiore autoritá o di diventare troppo potente, perché ogni volta che e' cittadini non possono sperare bene da lui né temerne male, sia facile el fare sanza voluntá sua le legge oportune, ed el proporre consultare e concludere quello che accade giornalmente delle cose dello stato, io non veggo in che modo e' possi diventare troppo potente. Ed el buono modo e diligenzia dello eleggere mi dá speranza che e' saranno uomini atti e di buona qualitá; sanza che, e' magistrati o ricorsi a chi e' saranno sottoposti, li emenderanno forse con piú facilitá che non si poteva fare insino a ora.

Veduto quale e con che potestá abbi ad essere el gonfaloniere, s'ha a vedere chi l'abbi a creare. In che non uscendo delli assunti fatti di sopra, cioè che el populo sia distribuitore delli offici, né s'abbino a riconoscere da altri, è necessario dire che la elezione sia del consiglio; da altro canto la importanzia di questo magistrato è grandissima e tale che per ogni etá pochissimi uomini ne sono capaci. Conosce el populo per fama ed opinione li uomini valenti e savi, la quale li basta a distribuire le altre amministrazione, ma non ha una discretiva sottile e minuta che bisognerebbe in esaminare e bilanciare bene le qualitá di uno a chi tanto pondo si commettessi; e però io sarei di parere che ogni volta che el luogo fussi vacato, che quello consiglio di mezzo del quale si parlerá apresso, dove sedranno tutti li uomini savi e prudenti, facessi pe' dua terzi di loro colle nominazione, elezione di tre cittadini per detto uficio; e' quali tutti a tre si publicassono al consiglio grande e di poi in capo di due o tre dí vi andassino a partito, e quello che di loro avessi piú fave rimanessi gonfaloniere a vita. A questo modo essendo esaminati tra omini prudenti, doverrebbono ragionevolmente essere proposti tre e' piú sufficienti della cittá; e se bene el populo potessi errare nel non eleggere el meglio di quelli tre, non sarebbe questo errore di tanta importanzia come quando e' fussi dato loro el campo largo; conserverebbesi lo intento di non ricognoscere lo onore da' particulari, avendosi finalmente dal populo, ed anche faccendosi la prima elezione de' tre in uno consiglio e numero di tanti, che e' non s'arebbe da temere che e' venissi proposto per fazione e sètte particulari. E servirebbe anche questo modo a uno altro buono rispetto, che avendo a pervenirsi a questo grado col consenso e del senato, per dire cosí, e del populo, non arebbe causa uno che vi aspirassi di gittarsi piú a' favori del populo che del senato, o e converso, anzi vedendo avervi a convenire ognuno non userebbe altro mezzo che le buone opere ed el bene fare, acciò che poi in simile caso piacessi a tutti.

Ordinati li estremi di uno e di molti, cioè del gonfaloniere e del consiglio grande, succede pensare al mezzo ed a quel consiglio che li abbi a coniungere, abbi a essere el timone della cittá e moderatore di ogni cosa che occorra di importanza. El quale avendo a sostenere tanto pondo, è necessario che vi intervenghino tutti li omini savi della cittá e tutti quelli che sono atti e sufficienti al governo, acciò che le resoluzione importanti si faccino per mano di chi sappi ed intenda. In che si ha da vedere chi e che numero vi abbi ad intervenire, da chi ed in che modo abbino a essere creati e per che tempo, le autoritá e prerogative che hanno a avere, e come e per chi si abbi a consultare con loro.

Principalmente questo consiglio ha a consistere della signoria, sanza la quale non è ragionevole che si raguni consiglio alcuno, de' collegi, e' quali essendo creati sotto nome di avere a guardare la libertá bisogna si ritruovino a quelle cose che vi si trattassino ed è conveniente dare loro questo onore, e dove mancassi la loro sufficienzia e qualitá suplisce la consuetudine. Con questi ha a essere una deputazione di cittadini che sieno el meglio della cittá; e se bene e' non sono molti quelli che si intendino tanto dello stato che meritino esservi, pure el numero vuole essere largo per conservazione della libertá, acciò che tanto pondo non si riduca tutto in mano di pochi; ed anche in uno vivere libero è conveniente, quando si possa sanza detrimento grande, dare parte a molti; e però mi parrebbe che e' fussino, computata la signoria ed e' collegi, uno numero di dugento vel circa. Cosí si vede nelle antiche republiche, in Roma, in Cartagine, in Atene e Lacedemone, in questo consiglio che loro proprio chiamavano senato, essere intervenuti molti; a Vinegia sono dugento o meglio quelli che e' chiamono pregati, che è questo medesimo; ed è, come è detto, necessario e per conservazione della libertá, e perché in uno vivere libero, male potrebbono e' pochi giustificare el tutto co' molti. E se bene di necessitá interverranno in uno numero tanto molti insufficienti e non atti, si ha da tollerare per meno male, massime che e' non è con tanto detrimento quanto e' pare, perché trovandovisi li omini savi e di riputazione e' quali disputeranno le occorrenzie colle ragione in mano, li altri che intendono meno si aderiranno con chi sa piú; e dove si volgessino unitamente sei o otto uomini di quelli di piú autoritá della cittá, non mancherebbe forse mai che li altri non li seguitassino, e dove questi piú savi fussino in disparere, come spesso interviene nelle consulte, lo udire esaminare e dire le ragione aprirrá in modo la mente alli uomini mediocri, che o troverranno o si accosteranno alla veritá. Verrannovi spesso le cose non al tutto acerbe ma cominciate giá a maturarsi e digestirsi, e non vi si ará a capitare in tutti e' particulari e mezzi di ogni pratica, ma per e' fini e per le conclusioni.

La importanza tutta di questo consiglio, a volere che riesca utile, è che quelli che sono tenuti savi nella cittá vi intervenghino perpetuamente; né basta che e' vi sia la piú parte, perché qualche volta accade che uno solo vede piú che tutti li altri e propone qualche parere che, bene che sia considerato da lui solo, udite poi le ragione, è approvato da tutti. Ed in effetto tutto 'l pondo del governo si riduce alla fine in sulle spalle di molti pochi, e cosí fu sempre in ogni republica ed a' tempi antichi ed a' moderni. Bisogna adunche accommodare el modo di crearli in forma che questo assunto stia fermo, perché è sustanziale ed importa el tutto. Non so giá se è bene che creati una volta, stieno perpetui, perché io vorrei che rimanessi in loro uno stimulo di portarsi bene, avendo a andare spesso alle fave del populo; e si potrebbe fare che si facessino per le piú fave e durassi lo officio loro uno anno, ma e' sarebbe da dubitare, come ha mostro la esperienzia, che el popolo infastidito dello eleggere quelli medesimi, e la ambizione di ognuno di esserne non li variassi tanto, come è stato nelli ottanta, che questo consiglio si spacciassi. E però è necessario che e' sieno a vita, o e' si potrebbe fare che e' si creassino li ottanta in consiglio ordinariamente come si fa ora, e che colli ottanta sempre intervenissino e fussino nella medesima autoritá uno numero di altri ottanta o cento cittadini e' quali fussino a vita, e' quali sarebbono e' primi ed el fiore della cittá. Cosí si conserverebbe lo intento che e' capi ne sarebbono sempre, e li altri succedenti che importano meno, se ne varierebbe qualcuno e si darebbe sanza pregiudicio della republica piú pasto allo universale.

El modo del creare e' perpetui in questo principio, è difficile el commetterlo al populo, perché porterebbe pericolo non si facessi qualche variazione; e però sarebbe da fare che tutti quelli che sono in alcuno tempo seduti gonfalonieri di giustizia o de' dieci almeno dua volte, perché quel magistrato da uno tempo in qua è ito molto largo, e stati ambascindori o commessari generali eletti dalli ottanta, fussino perpetuamente di questo consiglio. E perché nella cittá è pure qualche uomo che non ha avuto queste degnitá che meriterebbe intervenirvi, che e' si facessi una aggiunta di trenta che fussino eletti da' signori e collegi e da questi perpetui; e se bene questo numero riuscissi forse troppo grande saria necessario per ora tollerarlo, ma si potrebbe stare qualche tempo sanza fare scambio a quelli che morissino, tanto che e' fussino ridotti a uno numero di cento, e che di poi morendone uno, si facessi lo scambio in questa forma: che quel consiglio cioè e' signori e li ottanta con questi perpetui squittinassino trenta cittadini per ognuno che fussi vacato, e se ne pigliassi tre che vincessino pe' dua terzi delle fave, e fussino delle piú fave; e' quali tre andassino a partito in consiglio grande, e rimanessi eletto chi avessi piú fave, a quella similitudine che si è detto dello eleggere el gonfaloniere.

La autoritá di questo consiglio ha ad essere: approvare le condotte fatte da' dieci; creare li imbasciadori e commessari, e' quali non è bene abbi a creare el populo, e per la importanzia loro e perché essendo esercizi apartati, non ha el populo una elezione sottile da conoscere chi sia sufficiente, ed inoltre si richiede che sieno o di piú qualitá o meno, secondo la causa che sono fatti ed el peso che si commette loro, il che non può giudicare el populo, non li sendo sempre note le cagione del farli ed e' secreti che vanno a torno; dare la rafferma a' cancellieri di Palazzo che non è uficio del populo; le legge che si fanno li hanno a capitare innanzi che vadino al consiglio; ha a dare alle provisione di danari finale perfezione; ha a servirsene la cittá ne' giudíci come si dirá di sotto; ha a creare el gonfaloniere e li scambi di questo consiglio che morissino, come è detto di sopra; e starebbe ancora bene che e' dieci della balía, se bene si facessino in consiglio grande, non potessino essere se non di questo numero; hanno a consigliare le cose dello stato ed intendere nelle provisioni in quel modo che si dirá d'apresso.

El modo che si usa nelle legge e provisione che occorrono di farsi giornalmente in una republica, è molto stretto, sendo necessario che le sieno prima proposte da' signori, approvate da' fermatori, deliberate di nuovo da' signori, vinte di poi da loro e da' collegi, avendo a passare nelli ottanta ed ultimamente venire per tanti vagli e mezzi al consiglio grande. Né fu forse tanta strettezza ordinata sanza ragione, perché essendo lo innovare le legge cosa di somma importanza e che potrebbe alterare ogni dí lo stato e li ordini della cittá, non vollono che questa via rimanessi aperta alli uomini scandalosi e che volentieri perturbano el buono essere delli altri e si dilettano vedere ogni giorno cose nuove. Ebbono oltre alle ragione, lo esemplo delle antiche republiche, nelle quale si legge essere stati infiniti moti solo a causa di essere stato in facultá di ogni sedizioso di proporre a sua posta al populo legge nuove. Da altro canto la strettezza è tanto grande che è nociva, perché come non è ragionevole che e' si possi sí facilmente proporre ne' luoghi larghi legge nuove, cosí non è anche giusto né utile che e' sia in facultá di uno solo o di pochi particulari impedire el proporre quelle che sieno giudicate buone. E certo tenendo el modo che si tiene oggi e faccendo uno gonfaloniere a vita, si vede che è quasi in potestá sua di impedire una provisione, perché è gran cosa che si accordino sei de' signori contro alla voluntá sua; ed inoltre quando bene e' si accordino, stando la signoria sí poco tempo come sta ed intervenendo spesso nel tempo suo mutazione di gonfalonieri di compagnia e di dodici buoni uomini che danno disturbo assai, può solo col differire con qualche arte farle diventare vane; e quando bene el gonfaloniere non vi si opponga, è quasi in potestá di pochi cittadini quando lo sappino a tempo, impedirle con vari modi ne' luoghi sí stretti. Questa tanta strettezza non credo che avessi origine dalla libertá della cittá, ma dalla autoritá de' pochi, e' quali pensando che e' consigli con una provisione sola li arebbono potuti mandare a casa, e non avendo tanta grandezza che e' potessino levare a' consigli populari el fare le legge, si vollono almeno assicurare col mettere questa via stretta che sanza la voluntá loro non si potessi fare legge. Questo è grande disordine e richiedevi el vivere libero rimedio.

Èccene uno altro, che se la signoria per suggestione di uno gonfaloniere sará di accordo al fare una legge e dubiti che per qualche respetto la abbi difficultá nella aprovazione, vedrá di farla nascere e condurla alli ottanta in uno dí; e li è poca difficultá passarla ne' collegi che sono quasi sempre omini deboli; mettela improvisa addosso alli ottanta, dove se bene è qualcuno che conosce e' difetti che la ha, non sono tanti che bastino a tenere el partito, né possono darla a intendere ad altri, non sendo lecito parlarvi su publicamente, se non quando la signoria comanda ed in favore della provisione; passato che la ha li ottanta è meno difficultá nel populo che non sa piú che si bisogni. Fu per riparo di questo a' tempi antichi ordinato che ciascuna provisione dovessi, innanzi venissi al collegio, stare publicata certi dí; ma fu aggiunto che e' fussi in potestá della signoria fare uno partito che la non avessi a stare publicata; che tutte sono cose tiranniche ed ordinate con questi riserbi per potere fare alla palla della libertá della cittá.

Per ovviare a tutti questi inconvenienti io ordinerei dua modi del fare le legge. Lo uno che le si facessino in quella medesima forma e con quelli vagli medesimi che sono oggi, aggiunte solo dua cose: la una, che di necessitá quando le fussino vinte ne' collegi, innanzi che le potessino ire a partito nel consiglio di mezzo, che per lo avvenire chiamereno senato, che le si dovessino leggere loro una tornata innanzi, che saria almeno tempo di uno dí, né si potessi alterarlo con partito della signoria o in modo alcuno (questa publicazione opererebbe che el senato non sarebbe còlto al sonno ed arebbe tempo ad esaminarle), l'altra, che quando le vengono in senato, che e' fussi lecito a ciascuno o di collegio o senatore suaderle o dissuaderle in quel modo li paressi. Non saria bene in consiglio grande questa libertá, perché genererebbe tanta confusione che mai se ne verrebbe a capo, ma in uno senato instituto principalmente per esaminare le cose importanti e timoneggiare la cittá, è giusto che sia regola di poterle bene digerire. Chi tolse questa facultá fu perché e' consigli approvassino le provisione o ragionevole o no, collo essere straccati e dessino giudicio col non udire mai se non una parte. Richiedesi alla libertá della cittá che simile cose abbino la via facile di essere proposte e venire in consulta; le discussione ed esamine di poi sieno strette in modo che non se ne possi fare conclusione se non con molta maturitá. Questo è secondo el vivere di una buona republica; sono e' modi di oggi contrari, che el proporre è difficile, ed e' modi delle consulte sono piú facili per farne conclusione. Cose tutte trovate da' tiranni, e' quali sustanzialmente levano la libertá, riservanla in nome e certi colori di poco momento; dalle quali forme la cittá non si è partita interamente, per essere stata ancora nuova in questo governo populare.

El secondo modo del fare le provisione mi pare dovessi essere che ciascuno de' signori soli, sanza consenso delli altri, potessi proporre al senato qualunche legge li paressi, tenendo sempre fermo che la si avessi a publicare una tornata innanzi e che a ognuno fussi lecito el suaderla e dissuaderla; e quando la fussi approvata da tre quarti del senato, che questo bastassi a metterla in consiglio grande, e che quello de' signori che la proponessi avessi nel suaderla e favorirla a fare lo officio che fa el gonfaloniere. Con questo modo una provisione che fussi utile non sarebbe in potestá di uno o di pochi a impedirla, perché uno solo de' signori la potrebbe mettere al luogo largo; ed anche non è lasciata la via tanto aperta che si facessi molto spesso, avendo a capitare al senato ed avendo bisogno di approvazione de' tre quarti, dove nello altro modo bisognano e' dua terzi. Ed anche non si metterebbono a simili imprese uomini deboli, perché sarebbe necessario avessino schiena in confortarla e saperla giustificare e difendere da chi la dissuadessi. Di questo secondo modo ne eccettuerei le provisione del danaio che rimanessino solo nel primo, perché el lasciarvi questa larghezza potrebbe generare confusione o qualche modo ingiusto, essendo cosa tanto stimata e che tocca tanto a tutti, e nella quale ognuno si accosta piú tosto a quello modo che lo offende meno, che a quello che conosca essere piú ragionevole o piú a beneficio della cittá.

Nel discutere le cose occorrenti giornalmente dello stato anzi nel tirarle a sua voluntá, ha avuto Piero Soderini gonfaloniere forza grande, nata e dallo avere potestá immoderata per e' conti detti di sopra, e dallo avere usato una arte di averle messe in consulta quando li è paruto, e qualche volta voluto che le si consiglino a' dieci con le pratica strette, qualche volta nelli ottanta soli, qualche volta nelli ottanta con uno arroto di pratiche grande, ed eletto quando uno modo di questi e quando uno altro, secondo dove gli ha creduto trovare piú riscontro alle cose sue; dove gli ha vedute le opinione varie avere eletta quella che gli è piú piaciuta; messole qualche volta per via di voluntá, qualche volta a voce, qualche volta colle fave, tutte variazione che hanno importato assai; cosí usato arte nel proporle piú strette o piú aperte, che è di molto momento.

Oltre a questo, quello ristrignere per quartieri come si usa, è cosa inetta, né vi si fa alcuna buona discussione. E però io vorrei principalmente che el magistrato de' dieci stessi tuttavia, cosí nella guerra come nella pace; trattassino le cose dello stato in quel modo e con quella autoritá che e' trattano oggi; non potessino espedire sanza el senato quelle cose che vi hanno di necessitá oggi a capitare; e di piú che le commessione che si danno alli imbasciadori quando vanno fuora, che le ordinano oggi e' signori ed e' collegi, si avessino a consultare e determinare nel senato. E se bene le non sono molte, la autoritá di quel senato farebbe che ogni importanza, eccetto quelle che avessino bisogno di molto secreto, si consiglierebbono quivi. Vorrei che la signoria potessi di quello che occorre, pigliare consiglio da loro, ed el medesimo fussi in potestá de' dieci di fare, eziandio non parendo alla signoria, la quale in ogni caso vi avessi ad intervenire.

El modo del consultare fussi questo: che quel magistrato che chiedessi consiglio, proponessi el caso, e venissino con qualche digestione proponendo qualche parere che occorressi loro e le ragione che li movessino, e potessino proporre uno parere o piú, e non solo tutto el magistrato insieme, ma ancora ciascuno di loro separatamente ne potessi proporre quello li paressi, eziandio contro alla opinione delli altri; fatto questo, fussi lecito a ciascuno del senato salire in bigoncia e suadere o dissuadere le cose proposte, levarne ed aggiugnerne delle nuove, e cosí potessi fare ognuno; e di poi o allora o un altro dí, quando el caso fussi molto importante, si mettessi a partito fra loro, e quel parere che fussi con piú fave avessi di necessitá a essere seguitato. E perché, sendo cosa insolita questo parlare cosí publicamente, si farebbe in su questi princípi male volentieri, potrebbe quel magistrato fare parlare a qualcuno nominatamente, tanto che col processo del tempo verrebbe in consuetudine. Non arebbe in questo modo di consigliare, el gonfaloniere piú autoritá che li altri, e verrebbono in discussione con questo suadere e dissuadere; ed oltre allo essere consigliate le cose della cittá piú liberamente e meglio che non si è fatto pel passato, ne seguirebbe uno altro buono effetto, che dove hanno poca occasione e' cittadini di mostrare publicamente quello che e' vagliono, e sono tenuti molte volte savi quelli che parlano poco, questo mostrarsi ogni dí e disputare sopra le consulte e sopra le provisioni, darebbe facultá a quelli che vagliono di farsi conoscere e li distinguerebbe dalli altri come lo oro dal piombo, in modo che si vedrebbe la suffficienzia delli uomini per pruova e non per opinione, cosa, come di sotto si dirá, di molto beneficio alla cittá.

A tenere saldo questo modo di governo è necessario tenere ferma la legge del non fare parlamento, el quale solo è facile a dissolvere el vivere populare. E fu trovato perché essendo naturale nella cittá nostra el vivere con libertá ed a populo, sanza consenso del quale non si potendo fare le cose importante, tutti coloro che hanno voluto in tempo alcuno essere grandi, hanno conosciuto che a volere tenere la tirannide non si poteva estirpare al tutto la libertá, ma era necessario tenerne qualche ombra o colore, secondo la quale bisognando nel fare le legge ed autoritá nuove el consenso del popolo e de' consigli, e conoscendo non potere averlo per le vie ordinarie, trovorono questa forma di chiamare colle arme el populo in piazza e farlo deliberare a voce le cose proposte da loro; che non è altro che col terrore delle arme e colla forza constrignere el populo a acconsentire a tutto quello che e' propongono e dare ad intendere che quello che è fatto sia fatto per voluntá e modo di tutti. E però bisogna a mantenere secura la libertá, che le cose che hanno a essere deliberate da' consigli populari sieno deliberate ordinariamente e colle fave, ed in effetto che e' si levi el parlamento che non è altro che fare approvare al populo colla forza quello che lui medesimo non vuole.

Sarebbe molto desiderabile che e' bastassi non andare piú oltre e fussi a sufficienzia avere parlato di chi abbi fuora a defendere la cittá, di chi la abbi a governare drento, cioè del consiglio grande, del senato, della signoria e del gonfaloniere; ma perché gli è impossibile che in una cittá non si faccino molti errori e delitti di ogni sorte, e' quali è necessario a volere conservarla punirli, e dissono li antichi legislatori che in su dua capi erano fondate le republiche, in sul premio ed in sulla pena, però bisogna pensare e discorrere in che modo e per chi si abbiano a esercitare e' giudíci sopra le cose criminali.

Gli ordini detti ed introdotti di sopra non solo stabiliscono la libertá e constituiscono buono modo di governare lo stato, ma ancora proveggono in gran parte alla remunerazione de' cittadini che si portino ed operino bene; a quella remunerazione dico, che e' buoni hanno a desiderare ed aspettare da una republica, non a quelle che si ricercono da' príncipi e da' tiranni. Participare nel grado suo delli utili che dá ordinariamente la sua cittá, essere eletto a' magistrati ed agli onori che si convengono alle sue virtú e portamenti: questi sono e' premi che ha a dare la patria a' sua cittadini; non facultá di arricchire ed usurpare quello di altri, non autoritá estraordinarie e potenzia di distribuire e' magistrati a suo modo e liberare e' nocenti da' giudíci, che sono cose tiranniche. Ma si debbono pascere li animi de' buoni e generosi cittadini di quelli gradi e degnitá che sono compatibili colla libertá; debbe bastare loro conoscere di essere in reputazione e reverenzia apresso alli altri, avere buono nome e buona fama ed avere una certa gloria moderata ma sicura. Questi effetti assai resulterebbono nel governo sopra detto, perché essendo data forma di distribuire e' magistrati importanti con piú strettezza ed elezione che non si è fatto insino a ora, ne resulterebbe di necessitá che li uomini di reputazione vi arebbono gran parte. E lo essere aperta la via di parlare in publico sopra le provisione e consulte, e suaderle e dissuaderle liberamente, farebbe discernere li uomini valenti dalli altri, in modo che la reputazione verrebbe facilmente in ognuno che fussi virtuoso, non fondata come molte volte oggi solo in sulla nobilitá della casa ed in sul mantello del padre e de' passati, ma in sul vedersi chiare le opere e virtú, in modo che uno eccellente nato di uno padre oscuro non sarebbe mediocre, ed uno mediocre nato di uno padre e casa chiara non sarebbe sommo. Sarebbono adunche le opere buone e le virtú remunerate secondo quella misura che si può in una republica, e consequentemente negletta ed inonorata la malizia e la ignoranzia; e questa facilitá di potere li uomini mostrare le qualitá loro sarebbe causa di questo buono effetto; donde universalmente veduto el bene essere in prezzo, seguirebbe uno appetito ed uno stimulo nelli animi delli omini di portarsi bene e di volere avere quelle qualitá che gli potessino condurre a' gradi grandi ed a una somma gloria.

E certo secondo el gusto mio, io non veggo quale maggiore premio possi essere proposto a uno animo generoso, che trovarsi capo di una cittá libera, non per potenzia e parentadi e sètte, ma per una reverenzia ad autoritá ed una buona opinione che sia di lui, causata per conoscerlo prudente ed amatore della sua cittá. Questo grado el quale ebbono anticamente molti uomini nelle republiche, e sopra tutti in Atene Pericle, mi pare da preporre a ogni potenzia ed autoritá di alcuno tiranno: conoscersi stimato e grande solo per le virtú e sue buone qualitá. Felici sono li animi di coloro che sentono questa fiamma, la quale non possono ardere se non cuori molto generosi; felice le republiche che sono piene di questa ambizione, perché li è necessario che vi fiorischino quelle arte che conducono a questi gradi, cioè le virtú ed opere buone, sievi uno appetito ardente di fare opere grande e generose a beneficio della patria ed in coloro che desiderano venire in questa autoritá, ed in quelli che giá vi sono. La grandezza e reputazione de' quali non è contraria né nociva alla libertá, non sendo acquistata con sètte, fazione e con male arti, né dependendo da altri che dal populo e sua cittadini, e' quali quando lui desistessi dal fare bene, gliene possino a sua posta levare; anzi è utilissima e necessaria, perché essendo per ogni etá pochi atti a tanto peso, se in loro non fussi credito e reputazione, poco gioverebbono; e però bisogna avere di queste colonne e pignoni, sanza e' quali male e poco durerebbono le republiche. E Dio volessi che la nostra fussi piena di queste ambizione ed autoritá, ed avessino vòlti tutti e' cittadini li animi a questi desideri, perché si farebbe meno errori e sarebbe meno necessario pensare a ordinare bene la cittá di giudíci, e che e' delitti avessino le pene conveniente, di che si dirá subito.

Sono nella cittá nostra molti magistrati che hanno potestá sopra le cose criminali, de' quali alcuni concorrono in molti casi ed ha luogo tra loro la prevenzione, alcuni sono diversi e sopra casi diversi. Capi di tutti sono li otto ed e' conservadori di legge, perché se bene la signoria è suprema, pure non la metto in questo numero, perché la è creata ancora per altri effetti, dove loro sono per questo particularmente; ed inoltre si è detto di sopra con che autoritá stia bene la signoria nel criminale. Hassi dunche a vedere se la potestá e balía che hanno questi magistrati s'ha a limitare o accrescere; e certo in quanto a tutto el criminale, eccettuati e' delitti dello stato, non è dubio che la balía e facultá libera che gli hanno, sta bene, perché è necessario che la punizione di questi peccati non si riduca tutta a' consigli, ma sia fatta da magistrati particulari, e' quali è bene che abbino nel procedere la balía ampla; perché se si avessi a andare co' termini di ragione, non se ne punirebbe quasi mai nessuno, mancando e' modi e facultá di provare. Cosí se el giudicare s'avessi a fare sempremai a punto secondo le legge, nascerebbe molte difficultá, perché molti casi che sono dalli stati determinati con una medesima pena, per non potere e' legislatori considerare ogni particulare, meritano di essere giudicati variamente secondo la diversitá delle circunstanzie.

Rimane difficultá, se è bene che questi magistrati particulari abbino cognizione e determinazione sopra li errori apartenenti allo stato. La disputa nasce per essersi fatto uno fondamento stabile di sopra, che a volere conservare la cittá libera sia necessario che e' cittadini non abbino a temere nel governo di alcuno particulare; e dando loro tale autoritá è al contrario, e potrebbono sei delli otto e sette conservatori fare male assai, potendo decapitare o mandare in esilio chi loro paressi. Nondimeno io appruovo che e' sia bene che questi magistrati rimanghino nella balía loro, eziandio ne' casi apartenenti allo stato, acciò che e' casi chiari non abbino a capitare a' ricorsi ed a' consigli. Né ci è el pericolo considerato di sopra, perché avendosi loro a mutare di quattro in sei mesi, non è da dubitare che punischino alcuno per farsi grandi, né che qualche passione privata di uno di loro facci male a' cittadini, avendo a concorrervi el partito de' dua terzi del magistrato. E si vede con quanto rispetto procedino e' magistrati a maneggiare e' cittadini; e piú facilmente se ne conterebbe mille lasciati impuniti o puniti poco, che se ne trovassi uno punito da' magistrati particulari superchiamente. E per rimedio pure di questo dubio, benché e' sia superfluo, è da dare loro lo appello alle sentenzie che dessino contro a' cittadini per conto di stato, el quale non mi piace al consiglio grande, sendo cosa che richiede che vi si proceda con molta maturitá e gravitá; ma se le sentenzie fussino di morte o rebellione, sarebbe bene appellare al senato dove non intervenissino e' collegi ma la signoria sola con tutti altri; quando la fussi di minore pena, si potrebbe trarre a sorte uno numero di quaranta o cinquanta del senato, e' quali fussino giudici di appellazione, per non affaticare tanto tutti, avendosi la assoluzione a vincere per e' dua terzi ed altrimenti rimanendo condennati.

Questo è quanto alla autoritá de' magistrati; il che non basta a volere introdurre buona giustizia, perché e' magistrati per affezione di parenti e di amici, per respetto di non offendere altri e provocarsi inimicizie, per debolezza ed ignoranzia loro e qualche volta per malizia, procedono spesso tanto debolmente e tanto freddamente che si vede guasta la giustizia della cittá, ed è transcorsa in modo che non può essere con piú vituperio né con piú danno; di che in ognuno è accresciuta la licenzia ed ardire del fare male. Abbiamo veduto in pochi anni quante superchierie e violenzie si sieno fatte fuora del solito e contro al costume della cittá, che è naturalmente pacifica e non manesca; sono diventati e' giovani nostri altieri e spadaccini, con una certa insolenzia e baldanza la quale usano contro a chi non ha forze di difendersi; abbiamo sentito quante usurpazione faccino per le ville e contado e' cittadini nostri alli impotenti e deboli, quante sieno le iniquitá, crudeltá e tirannerie usate da' nostri magistrati che vanno fuora a' nostri poveri sudditi, non pensando se non a avanzare dello uficio per fas et nefas, sanza respetto alcuno di Dio o della cittá o delli uomini; cosa che toglie troppa reputazione alla cittá e tiene e' sudditi tanto male contenti e male disposti, che se ci fussi fatta qualche guerra potente se ne vedrebbe forse li effetti. Aggiugnesi la audacia che hanno avuta e' cittadini di maneggiare e trattare contro allo stato; le quali cose benché se ne sia avuti sospetti ed indizi probabili, si sono per debolezza de' giudíci tollerate.

El conoscersi molti anni sono tanti disordini, fu cagione che si facessi la legge della quarantia, la quale fu male considerata e con molti difetti ed anche ha avuto impugnazione e contrari assai, parte da chi male volentieri sopportava che e' delitti si correggessino, parte da chi dubitava che con quel mezzo Piero Soderini gonfaloniere, che era per lo ordinario troppo grande, non si facessi molto maggiore; la quale ragione dette grande impedimento che non si vincessi la legge della giustizia ordinata da lui, dove ancora erano delle cose male considerate e dispiaceva sopra tutto che lui facessi legge per punire li errori di altri e lasciassi esento sé e sanza superiore; el quale si aveva arrogate molte autoritá fuora delle legge e buono vivere della cittá. La bozza in sé fu buona ma aveva qualche difetto particulare, e' quali correggendo, la tornerebbe utile e salutifera.

Ordinerei adunche che tutti e' delitti de' cittadini cosí di stato come di altro, proposti ed accusati apertamente o secretamente innanzi a' magistrati competenti, se da loro non fussino espediti fra uno certo numero di dí, che vorrebbe essere uno mese vel circa, venissino a uno ricorso o quarantia, el quale vorrei fussi vario secondo la varietá e qualitá de' delitti, come si dirá di sotto, dove si portassi la accusazione con tutto el processo fatto da quello magistrato. In questo ricorso potessi venire personalmente lo accusato, o per lui o per altri come meglio li paressi, per la difesa sua, avessi autoritá di farlo esaminare di nuovo in quel modo li paressi, e fussi tenuto darne sentenzia fra uno mese. El modo del giudicare e fare le determinazione fussi con polizze in quella maniera che si faceva nelle quarantie, dando ancora facultá a ciascuno del ricorso di potere parlare apertamente quello che li intende in favore o disfavore; e cosí se vi fussi accusatore palese, che e' vi potessi venire apertamente, e fussi in effetto approvata quella sentenzia che avessi e' tre quinti delle fave. Vorrei che delle cose dello stato fussi el ricorso a tutto el senato, intervenendovi la signoria ma non e' collegi. Per quello che fussi accusato alcuno di avere fatto in magistrato o drento o fuora, trarrei a sorte trenta del senato e trenta di una altra quarantia che si dirá di sotto. Alli altri errori criminali di qualunche sorta, si constituissi una quarantia di sessanta cittadini che non fussino senatori, ma fussino eletti dal senato e durassino uno anno con uno emolumento di cinquanta ducati per uno lo anno e sanza divieto di altri ufici, ma avessino divieto dall'una volta alla altra dua anni. Questa variazione sarebbe acciò che e' casi dello stato che sono piú importanti fussino veduti con piú maturitá, e cosí li altri successivamente.

Opporrebbesi a questo giudicio di molte cose; e prima sarebbe biasimata quella larghezza del venire nel ricorso ogni volta che tre delli otto, o quattro de' conservadori se ne accordassino contro alla voluntá della maggiore parte de' compagni, e si darebbe facultá di potere straziare e bistrattare per e' giudíci li omini da bene a posta di uno pazzo o di uno tristo che avessi messa una querela in uno tamburo; riprenderebbesi el modo del giudicare per scrittura e non a voce sanza fare discussione ed esamina del caso; ed in ultimo volere che nelle cose capitale e sí gravi bastassi el partito de' tre quinti, dove secondo le legge della cittá quasi in tutte le altre cose piú leggieri bisognano e' dua terzi. Nondimeno queste ragioni non bastano a scancellare questo giudicio e la forma sua, la quale è necessario che sia cosí, altrimenti riesce vano e di poco frutto. Principalmente si vede che quando el ricorso ha a essere richiesto dal magistrato in quella forma che dice la legge vecchia, che tutti quelli che sono di qualitá da essere riguardati se ne liberano, che bene è debole chi non ha mezzo a fermare tre fave; donde nasce che solo quelli casi vi sono mandati, e' quali se questo giudicio non fussi, el magistrato che ve li manda arebbe animo e sarebbe di accordo a condannarli da sé; e questo giudicio è trovato per rispetto di quelli in che el magistrato non si ardisce o non si accorda.

E' casi che fussino accusati sanza colore, e calunnia schietta, è credibile che el magistrato assolverebbe da sé; e quando venissino nel ricorso sarebbono assoluti piú tosto con sua riputazione che con carico. El modo del giudicare colle polizze è necessario per la ragione medesima, perché el medesimo respetto che impedisce el magistrato a non determinarne da sé, impedirebbe anche quelli del ricorso a dire e' loro pareri liberamente; ed el tempo lungo di uno mese, la facultá dello udire lo accusato, el parlarne in tanto tempo insieme l'uno collo altro e lo essere uomini pure assai eletti, farebbe che le sentenzie si darebbono con buona discussione, e massime che nella cittá nostra è naturale la clemenzia alla quale si vede piú tosto pendere li animi delli uomini che altrimenti; e dove el sospetto o la furia non operi per avere poco tempo, si vede che le cose si vanno mollificando e reducendo ad umanitá. El partito de' tre quinti è introdotto perché quello de' dua terzi è tanto stretto che non venendo spesse volte vinto, si riducono poi li uomini per stracchi e per tedio a uno modo di mezzo el quale è ingiusto e contiene o troppa pena o poca pena; e però è introdotto alquanto piú largo, ma non giá con tanta larghezza che e' sia disordinato; ed è questo cosí in favore dello accusato come in disfavore, perché se e' tre quinti lo potranno condannare, lo potranno anche e' tre quinti assolvere.

Resta, sendo dato giudicio sopra a' privati e sopra alli altri magistrati, vedere se o che giudicio abbi a essere sopra el gonfaloniere a vita durante el magistrato suo; aspettasi nelli altri a giudicarlo che li eschino, il che in lui non si può fare avendo a essere a quella medesima ora fuora di magistrato che di vita: vietalo da uno canto la degnitá del magistrato e la autoritá sua che non patisce che li abbi a essere tuttodí aburattato e straziato; da altro la utilitá della cittá, acciò che e' non abbi troppa sicurtá, lo permette. E però per satisfare all'uno e lo altro respetto, io ordinerei che e' non avessi superiore alcuno, eccetto che fussi in potestá di ciascuno de' signori proporre a el senato tutto, sanza e' collegi, ogni pena sopra di lui, o di privazione o di danari o di vita o di altro, la quale si avessi a vincere per e' dua terzi di loro, non potendo però alcuno di loro proporla se non una volta per uno a tempo del loro magistrato, per non dare causa che simile cimento si avessi a fare ogni giorno.

Crederrei che con questi modi ed ordini fussino medicati molti difetti ed inconvenienti del vivere e del governo nostro, perché secondo questa forma si distribuirebbono e' magistrati assai convenientemente; le cose importanti dello stato si consulterebbono dalli uomini savi e primi della cittá, arebbono e' cittadini virtuosi grado ed autoritá assai ragionevole, e non però tanta che fussi periculosa o suspetta alla libertá; e la facilitá del punire e' delitti porrebbe freno assai alli uomini cattivi e desiderosi di usurpare el privato o el publico. Tutte queste cose farebbono se non una perfetta instituzione di republica, almeno piú che mediocre; perché a volerla condurre in maggiore grado bisognerebbe venire alla radice delle delicatezze e mollizie delli animi nostri che fanno li omini effeminati e danno causa a infiniti mali; bisognerebbe tagliare el tanto prezio, la tanta riputazione in che sono le ricchezze, lo appetito inmoderato delle quali leva el desiderio della vera gloria, aliena li animi dal cercare le virtú e li introduce in mille usurpazione ed in mille disonestá. Sono questi disordini molto universali in ognuno, molto abituati, né solo sparsi per la cittá nostra ma per tutto el mondo, dove non è rimasto se non uno ardore di arricchire o di usare le ricchezze in mali usi e delicatamente. Né incomincia questa corruttela oggi nel mondo, ma è durata giá molti e molti secoli, di che fanno fede li scrittori antichi che tanto detestano ed esclamano contro a' vizi delle etá loro.

Rimedi ci sono forse qualcuni per potere un poco moderare questi mali, ma non giá tanti che e' faccino effetto notabile in una malattia sí universale, sí vecchia e tanto radicata nelle menti delli uomini. Bisognerebbe a tagliarla el coltello di Licurgo, el quale estirpò in uno dí da Lacedemone tutte le ricchezze e suntuositá, accumulando insieme le facultá di tutti, dividendole di poi per equali parte, vietando e' danari, levando tutti li usi perché le ricchezze si desiderano, di suntuositá, di conviti, di copia di servi, di bellezza di veste e masserizie. Cosa certo mirabile, in quanta continenzia ed in quanto ardore di virtú e poca estimazione della roba, conducessi in uno giorno la cittá sua, e di quanti belli e gloriosi esercizi la empiessi; felicissimo certo e glorioso che avessi grazia di ordinare sí bene la sua republica, e molto piú felice di averla acconcia in modo che li ordini e le legge sue durassino molte centinaia di anni ed in tal maniera che, mentre visse sotto quelle, fu molte volte di potenzia e forze capo della Grecia, ma sempremai di gloria ed opinione di virtú apresso alle nazione forestiere la prima. Fulli piú facile a ridurle in atto che non fu facile a Platone, a Cicerone ed a molti uomini dottissimi e prudentissimi metterle in scrittura; in modo che non sanza causa fu opinione ne' tempi sua che fussi aiutato del consiglio di Apolline Delfico, e ragionevolmente, perché riformare una cittá disordinata e riformarla in modi tanto laudabili è piú tosto opera divina che umana.

A noi è rimasto el poterci maravigliare ed esclamare di cosa tanto notabile, ma di ridurla in atto non ci è lecito non che sperarlo a pena desiderarlo; e però ritornando alle cose che sono in facultá nostra, io dico che questa malattia è tanto difficile che gli è impossibile estirparla; bisognerebbe, come fece lui, levare li usi per e' quali le ricchezze si desiderano, e questo per la mollizie delli uomini non si può non che altro disegnare. Credo bene che dandosi la cittá alle arme, ed essendo aperta la via di diventare glorioso con quelle, distribuendosi e' magistrati con riguardo della buona fama e portamenti delli uomini, sendo facile el punire e' delitti di chi errassi, che tutte queste cose insieme farieno e' ricchi essere in meno esistimazione che non sono oggi. Aggiugnere'ci una cosa tentata spessissime volte ma male osservata, di limitare e moderare quanto fussi possibile li ornamenti e suntuositá del vestire, le quali fanno apparire la differenzia dal povero al ricco, sono causa di infiammare li uomini al desiderio delle ricchezze, e non bastando alla piú parte e' modi ordinari dello arricchire, si gettano a mille guadagni vituperosi ed illeciti; sono incompatibili con una instituzione di republica dove si disegni tôrre fomento alle ricchezze; sono dannose in quelle dove si intende mantenere la cittá ricca, perché la impoveriscono assai e ne traggono a nazione esterne infiniti danari. E tutti questi effetti mali sono sanza utilitá nessuna eziandio apparente, perché non se ne satisfá a alcuno obietto ragionevole se non a uno certo fummo vano ed a uno gusto piú tosto da donne che da omini. Cosí vorrei ridurre le dote a somme moderate perché questi eccessi sono nocivi, e per le cagione dette di sopra e perché non si conserva la equalitá de' parentadi e nobilitá de' sangui, ed in ultimo perché si farebbe uno grande beneficio alli uomini virtuosi e poveri, e' quali hanno piú difficultá di maritare le loro figliuole che non hanno e' ricchi viziosi.

Queste sono insomma le cose colle quali mi occorre che si doverrebbe instituire la cittá ed el vivere populare; le quali possono ne' particulari sua avere di molti errori, ma bene sono di opinione che nelli universali e ne' fini a' quali le aspettano, che le sieno ragionevole. Piaccia a Dio, benché e' portamenti nostri non lo meritano, di volere uno giorno ridurre quella republica in questo o qualche simile modo di buona instituzione e buono governo, el quale per vedere e perché fussi a' tempi nostri, io sanza alcuno reservo vi metterei e le facultá e la vita.

Finita a dì 27 di agosto 1512 in Logrogno.


EDIZIONE DI RIFERIMENTO: "Opere - Francesco Guicciardini", a cura di Roberto Palmarocchi, Laterza, Bari, 1932







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